Codice Penale art. 32 ter - Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (1).Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (1). [I]. L'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio [32-quater]. [II]. Essa non può avere durata inferiore ad un anno né superiore a cinque (2) anni [139, 140 4] (3). (1) Articolo inserito dall'art. 120 l. 24 novembre 1981, n. 689. (2) L'art. 1 l. 27 maggio 2015, n. 69, ha sostituito la parola "tre" con la parola "cinque". (3) Sull'esecuzione delle pene accessorie v. art. 662 c.p.p. e art. 183 norme att. c.p.p. InquadramentoLa norma in esame disciplina la sanzione accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. A seguito della sua applicazione, il condannato non può fornire beni o servizi all'amministrazione pubblica, ma può continuare ad ottenere l'erogazione di un pubblico servizio da parte della stessa. Per pubblica amministrazione si intendono anche gli enti pubblici economici (che operano in regime di diritto privato ed hanno ad come oggetto — esclusivo o principale — l'esercizio di un'impresa commerciale) e le aziende controllate da enti pubblici. EffettiDurante l'interdizione il condannato è privato della capacità di intrattenere rapporti negoziali con la pubblica amministrazione; il divieto riguarda sia la conclusione di contratti di diritto privato, sia la conclusione di contratti di diritto pubblico, vale a dire stipulati con le modalità dell'evidenza pubblica, all'esito di aste, gare e licitazioni private (Larizza, 148; Mucciarelli, 523; Tencati, 500). Secondo parte della dottrina, il divieto in parola non attiene alla sola stipulazione del contratto, ma riguarda anche la fase delle trattative e della formazione (Ichino, 315; Vinciguerra 1982, 454); altri sostengono, invece, la necessità di un'interpretazione restrittiva della norma (Mucciarelli, 523, Romano, Commentario, 272). È fatta salva la possibilità per il condannato di ottenere la prestazione di pubblici servizi: si pensi, per esempio, all'assistenza sanitaria e previdenziale, ai servizi postali, ai trasporti ferroviari, alla fornitura di gas, acqua, elettricità. La ratio di detta eccezione riposa nella necessità di evitare che per tutta la durata della pena accessoria il condannato si trovi in una condizione di “morte civile”, cioè di totale estromissione dalla vita sociale. Il soggetto che viola le prescrizioni relative alla pena accessoria di cui all'art. 32-ter commette il delitto di cui all'art. 389, alla cui disamina si rinvia. Il contratto concluso in violazione al divieto in parola è nullo ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c., in quanto contrario a norme imperative (contra Vinciguerra 1983, 421, il quale ritiene che gli atti commessi in violazione delle prescrizioni siano invece annullabili; Romano, Commentario, 274, il quale ritiene invece che siano nulli i contratti stipulati in proprio dall'incapace e che siano annullabili quelli conclusi da costui per conto di terzi). DurataL'interdizione di cui all'art. 32-ter ha durata temporanea, in quanto non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque anni (il limite massimo è stato innalzato dall'art. 1, comma 1, lett. a, l. 27 maggio 2015, n. 69). Essendo previsto un minimo e un massimo edittale, la durata della pena deve essere dal giudice uniformata, ai sensi dell'art. 37, a quella della pena principale inflitta (Cass. S.U., n. 6240/2014). La pena accessoria comincia a decorrere al termine di quella principale. Non è indicato il limite massimo di durata della sanzione accessoria in ipotesi di concorso di reati dai quali conseguano le pene accessorie di cui agli artt. 32-ter e 32-quater ; può trovare tuttavia applicazione la previsione di cui all'art. 79, a norma del quale la durata massima dell'interdizione da una professione o arte o mestiere (art. 30) è pari a dieci anni. BibliografiaIchino, Le modifiche al sistema penale in materia di lavoro, ad un anno di distanza dalla entrata in vigore della l. n. 689 del 1981: rassegna di dottrina, di giurisprudenza e di casistica, in Riv. giur. lav., 1983, 289; Larizza, Le pene accessorie, Padova, 1986; Tencati, Nuove sanzioni accessorie per i managers d'impresa, in Riv. pen., 1985, 499; Vinciguerra, Commento all'art. 120 della l. 24 novembre 1981, n. 689, in Leg. pen., 1982, 447; Vinciguerra, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n. 689, Padova, 1983. |